Pittura in posizione quella di Gabriella Arduino. Attenta agli elementi realistici, ma modificata da una vista che trasforma le superfici in echi (e sonde) di profondità. Un sistema a cui tanto il disegno quanto – e soprattutto – l’acquarello convengono in massimo grado: per la loro natura fuggitiva, per la loro dote di sintesi e rapidità, per la loro immediatezza diaristica, per la loro musicalità, per la loro “ornata” frammentarietà. Veduta che si fa composizione, composizione che si fa riflesso. Costruzioni che tendono all’immaterialità, consistenze che sfumano in forme abbreviate e sovrapposte, il presente continuamente scavalcato dai fantasmi del passato, a loro volta annunci di incombenti vanitates, di metamorfosi e fantasie interiori: il tempo stratificato in destino; esistenze di luoghi, monumenti, case, cose, che – anche quando è la figura umana ad affacciarsi con parsimonia – tendono a una melanconica (e tuttavia un po’ leibniziana) armonia, simboli ed emblemi che si sottraggono alla loro determinazione e suggeriscono segreti paesaggi mentali. Non cartoline – nonostante ogni apparenza – ma tracce di mondi perduti (e perdibili), di laboriose connessure, di sottili corrispondenze. In cui si esprimono le emozioni perturbanti di un vero temperamento d’artista.
Giovanni Tesio